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Revista Onoba
2024, Nº 12, 169-180
ISSN: 2340-3047
https://doi.org/10.33776/onoba.vi12.8347
L’Arco di SAntA MAriA A PortuS.
AnALiSi PreLiMinAre deL MonuMento
The Arch of Santa Maria a Portus. Preliminary analysis of the monument
riASSunto
Il presente lavoro propone lo studio analitico
della cosiddetta Porta o Arco di Santa Maria, ovvero
uno degli antichi accessi al Porto di Roma.
L’edicazione della Porta, è contestuale alla
realizzazione del tratto di mura urbiche noto come
“Contromura interne”, databile all’ultimo quarto del
V secolo.
Oltre ad essere l’unico ingresso monumentale
tuttora conservato lungo il circuito murario, è
probabile che la porta di Santa Maria possa essere stata
uno degli accessi principali della città, consentendo
l’accesso a chi giungeva da Roma tramite la via
Portuense.
La struttura ore una straordinaria testimonianza
di continuità di vita all’interno di questo settore
della città di Porto così come ad esempio, attestato
dalla rilevazione di una serie di restauri che, in
periodi dierenti, coprono un arco temporale che
va praticamente dalla sua realizzazione nel V secolo
d.C. no agli interventi del XV secolo d.C.
AbStrAct
This paper presents an analytical study of
the so-called Porta or Arch of Santa Maria, one
of the ancient entrances to the Port of Rome.
The construction of the Porta coincides with the
building of the section of the city walls known as
the “Inner Counter-walls,” dating back to the last
quarter of the 5th century. In addition to being the
only monumental entrance still preserved along
the city wall circuit, it is likely that the Porta of
Santa Maria was one of the main access points to
the city, allowing entry to those arriving from
Rome via the Via Portuense. The structure oers
an extraordinary testimony to the continuity
of life within this sector of the city of Porto, as
evidenced, for example, by the recording of a
series of restorations carried out over dierent
periods, covering a time span that extends from its
construction in the 5th century AD to interventions
in the 15th century AD.
iLAriA FruMenti
Escuela de Doctorado in Investigación histórica y patrimonial
Universidad de Huelva
PAroLe chiAve
Portus, porta, porto, circuito murario,
restauri
Key wordS
Portus, gate, harbour, circuit wall,
restorations
Recibido: 29/06/2024
Revisado: 09/10/2024
Aceptado: 10/10/2024
Publicado: 22/11/2024
ilaria.frumenti@alu.uhu.es
170 L’Arco di SAntA MAriA A PortuS. AnALiSi PreLiMinAre deL MonuMento
reviStA onobA, 2024, Nº 12
https://doi.org/10.33776/onoba.vi12.8347
introduzione
L’analisi della Porta di Santa Maria, nota anche
come “Arco di Santa Maria”, uno dei principali ac-
cessi al settore sud-orientale della città di Portus,
trae origine da una tesi magistrale1; successivamente
ci si è posti l’obiettivo di ampliare la ricerca nell’am-
bito di un progetto di dottorato, con l’intento di
studiare in maniera più approfondita e analitica-
mente l’intero circuito murario di Porto, indagan-
done gli aspetti architettonici e storici, inserendoli
in un contesto di più ampio respiro.
Negli ultimi decenni l’area archeologica del por-
to di Claudio e di Traiano è stata oggetto di una
crescente attenzione scientica che, attraverso una
serie di progetti di scavo e ricerca, ha contribuito a
rivelare ulteriori aspetti utili ad ampliare la com-
prensione della complessità storica ed architettoni-
ca del sito. Questi progetti hanno seguito l’obiettivo
di mettere in luce aspetti connessi alle fasi costrut-
tive e alle principali trasformazioni del porto, pro-
muovendo anche un’accurata riessione sul ruolo
cruciale che esso ha giocato nell’economia e nella
logistica di Roma nell’antichità. Tra questi anno-
veriamo il lavoro condotto da Lidia Paroli, allora
funzionario della Soprintendenza di Roma, tra gli
inizi degli anni 1990 ed 2010, focalizzato principal-
mente sul settore delle mura urbiche e della basilica
portuense che ha fornito importanti dati su molte-
plici aspetti del centro portuale tra tardoantico e al-
tomedioevo. (Coccia, Paroli 1993, 177; Coccia 1996,
298; Paroli 2013, 1-18). Verso la ne degli anni 1990,
la British School at Rome ha avviato un vasto pro-
gramma di ricerca che ha inizialmente compreso
attività di geosica, eseguite non solo nell’area della
città ma anche nei suoi dintorni, cui hanno fatto
seguito mirate campagne di scavo condotte nel set-
tore della città noto come il cd. Palazzo Imperiale
(Keay, Millet 2005, 11). A partire dal 2009, l’École
Française de Rome ha avviato una serie di indagini
archeologiche volte allo studio delle principali in-
frastrutture portuali quali magazzini e moli con-
tribuendo a fornire un’interpretazione più accurata
delle funzioni portuali (Bukowiecki 2017, 1-11).
Un ulteriore progetto inne è quello recentemente
promosso dall’Università di Huelva; anche in que-
sto caso l’attenzione è stata diretta sullo studio del
sistema dei moli unitamente ad un lavoro di geo-
1 Con il titolo: “La cd. Porta di Santa Maria a Portus,
rilievo e analisi della struttura” presso l’università degli
studi di Roma Tre.
sica svolto nel settore della Basilica, che ha deline-
ato nuove prospettive sulla funzionalità del porto e
sull’organizzazione degli spazi.
Per quanto concerne il presente elaborato, esso
viene ad inserirsi nel quadro delle indagini e delle
ricerche archeologiche e topograche già avviate
negli anni precedenti. Nella prima sezione, volta
ad un breve inquadramento storico, sono state rias-
sunte le vicende che hanno portato alla costruzione
dell’imponente centro portuale. Un’ulteriore sezio-
ne è invece dedicata alla metodologia adottata per
arontare l’analisi del monumento, seguita dallo
studio analitico delle strutture, incentrato sulla de-
scrizione del percorso del doppio circuito murario
di Porto e sull’esposizione e la periodizzazione del-
le fasi cronologiche individuate. Inne nella parte
conclusiva, ci si è dedicati alla ricerca di possibili
confronti fra la planimetria della porta con quelle
di altri ingressi, congiuntamente alla ricerca di si-
militudini e divergenze delle tecniche edilizie rin-
venute sul monumento e su altri tratti del circuito
difensivo.
iL Porto, cenni Storici
Il progetto di realizzazione di un approdo ma-
rittimo dalla natura grandiosa, complessa ed artico-
lata, non ultimo corredato da un’immensa capacità
di stoccaggio delle merci, nacque dall’esigenza di
dotare Roma di un nuovo, più vasto e più eciente
sistema portuale (Cass. Dio., LX, 11, 1-5; Rickman
1996, 287; Coccia 1993, 177; Pavolini 2015, 31; Keay
2012, 5-15) che potesse sostituire i più piccoli ed
ormai non più sucienti scali dell’attigua Ostia e
soprattutto di Pozzuoli.
La necessità di un nuovo porto era già nota con
Giulio Cesare, tuttavia esso venne iniziato solo nel
42 d.C. sotto il principato dell’imperatore Claudio
(Keay, Millet 2005, 11), mentre la sua uciale inau-
gurazione avvenne più tardi sotto Nerone (Lugli,
Filibeck 1935, 8-14, 16-31; Testaguzza 1970, 24-26;
Giuliani 1992, 30-31; Mannucci, Verduchi 1992, 15-
16; Keay, Millett 2005, 11).
Il nuovo porto di Claudio era costituito da un
grande bacino delimitato da due moli ricurvi che
andavano ad inquadrare un monumentale faro
(Morelli et alii, 2011, 48-65).
Da segnalare come n dall’inizio esso era già
soggetto a fenomeni di insabbiamento periodici
che ne contraddistingueranno tutto il periodo della
sua attività così come comprovato dalle fonti anti-
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che le quali citano episodi di naufragio, come quello
avvenuto nel 62 che comportò la perdita di ben 200
imbarcazioni (Tac., XV, 18, 3; Keay, Millet 2005,
12).Per far fronte a queste avversità, una successiva
fase di sviluppo ed ampliamento del porto avven-
ne sotto il principato dell’imperatore Traiano, e
riguardò la realizzazione di un vasto bacino esago-
nale (Keay, Millet 2005, 298, Mannucci, Verduchi
1992, 15-28; Zevi 2000, 509-530; Keay, Paroli 2011,
1) che fosse meglio difeso e più al riparo da feno-
meni climatici estremi e dal pericolo dell’insabbia-
mento. Si venne così a creare un ancor più vasto ed
articolato complesso portuale che mantenne la sua
importanza nel corso dei secoli (Keay 2012, 5-15).
A partire dal III secolo d.C. l’apparato portua-
le iniziò ad assumere una connotazione non più
solamente infrastrutturale ma anche di carattere
propriamente urbano (Paroli 2001, 623); a testimo-
nianza di ciò, nel IV secolo d.C. l’imperatore Co-
stantino, elevò Porto a rango di municipio, diven-
tando inoltre sede episcopale nel 314 d.C. (Meiggs
1973, 170; Coccia, Paroli 1993, 175-80; Coccia 1996,
293-307; Paroli 2004, 247-266).
Tra gli edici più importanti di questo periodo
ricordiamo la Basilica Portuense, ubicata a S-O del
porto di Traiano (Paroli 2005, 259) la quale venne
impostata su strutture preesistenti di piena età im-
periale.
Tuttavia, nonostante questa fase di profondo
cambiamento, le funzioni del porto, soprattutto
quelle destinate allo stoccaggio, almeno per tutto
il IV secolo d.C. non mutarono radicalmente, anzi
tutt’altro: addirittura nella zona dell’Antemurale,
corrispondente alla parte S-O della città, tra la metà
del IV secolo d.C. e la prima metà del V secolo d.C.
si assistette al restauro dei magazzini, segno che il
porto in questo periodo era ancora perfettamente
funzionante (Paroli, Ricci 2011, 127-146).
Il complesso continuò ad essere almeno per tut-
to il VI secolo d.C. il principale scalo marittimo di
Roma, dove le merci seguitavano ad essere stipate
nei magazzini; proprio la funzione fondamentale
dell’infrastruttura portuale, la concentrazione delle
attività commerciali e del rifornimento annonario,
fecero sì che Porto fosse coinvolta nelle vicende di
guerra e saccheggi che si succedettero tra il V e il
VI secolo d.C.
La città fu assediata e presa dai Visigoti di Ala-
rico nel 408 d.C. (Zos., VI, 6), poi nel 455 d.C. dai
Vandali di Genserico che la occuparono per marcia-
re alla volta di Roma (Tomassetti 1900, 154; Testa-
guzza 1970, 29; Keay, Millett 2005, 13; Mannucci,
Verduchi 1992, 17).
In seguito a tali eventi si rese necessario, nell’ul-
timo quarto del V secolo d.C., dotare la città di
un sistema difensivo caratterizzato da un doppio
circuito murario (Coccia, Paroli 1993, 177; Coccia
1993, 184; Coccia 1996, 298; Paroli 2004, 250, 258,
262; Bevelacqua 2016, 2159) (Fig.1), organizzato
in una duplice forticazione, una esterna ed una
interna, quest’ultima nota come “Contromura In-
terne” (Lugli, Filibeck 1935, 94), la quale andava a
cingere il settore sud-occidentale del porto.
Questa nuova forticazione venne a svilupparsi
su un tessuto urbano già ampiamente esteso ed il ri-
uso di edici già esistenti fu perciò molto cospicuo;
tali strutture vennero riusate a seconda delle neces-
sità, inglobandole all’interno delle mura o demolen-
dole in parte. I sondaggi archeologici eseguiti nel
settore dell’Antemurale hanno consentito di inqua-
drare l’edicazione delle mura nel corso dell’ultimo
quarto del V secolo d.C. (Paroli et alii 2011, 127).
Circa un secolo dopo, durante le guerre greco
gotiche (535-553 d.C.), Porto venne nuovamente e
a più riprese saccheggiata in quanto punto strate-
gico e luogo fondamentale per lo stoccaggio degli
approvvigionamenti di Roma.
La città venne inizialmente occupata dalle trup-
pe dell’esercito imperiale guidato da Belisario e poi
dai Goti, condotti prima da Vitige e successivamen-
te da Totila, nché riconquistata da Narsete che la
riconsegnò al dominio imperiale (Pro., I. 26. 44; II.
7. 16; III. 36. 15. 1; III. 36. 3; IV. 34. 16).
Dalla lettura del De Bello Gotico di Procopio si
evince che il Porto era ancora in grado di accogliere
Figura 1. Planimetria di Italo Gismondi editata insieme
alla planimetria dell’École Française de Rome, in eviden-
za il circuito murario (da Lugli Filibeck 1935).
172 L’Arco di SAntA MAriA A PortuS. AnALiSi PreLiMinAre deL MonuMento
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un ingente numero di navi, descrivendo anche le
operazioni di trasbordo delle merci ed il sistema di
alaggio eettuato dai buoi (Pro., VII. 15. 10-12).
Le attività portuali continuarono, sebbene in
misura ridotta, anche dopo la ne del VII secolo
d.C.; tuttavia la presenza di sepolture nei primi
strati di abbandono delle celle orrearie e dei corridoi
dei magazzini, datata tra la seconda metà del VI e
il VII secolo d.C., indica l’inizio della progressiva
disfunzione delle strutture annonarie in alcuni set-
tori. (Coccia 1993, 188-189; Coccia 1996, 297-305).
A tal riguardo, l’area in cui si manifestano le
maggiori tracce di occupazione è quella corrispon-
dente al settore sud occidentale della città, compre-
so tra la basilica portuense, il bacino esagonale, la
fossa Traiana ed il circuito murario interno dove
sono attestate infatti strutture di carattere abitati-
vo come una domus terrinea e una domus solara-
ta (Paroli 2013, 1-7).
A partire dall’VIII secolo d.C. il sito entrò len-
tamente in una profonda crisi e, complice anche il
crollo inesorabile dei commerci e degli scambi, ven-
ne gradualmente abbandonato.
Dopo le fasi altomedioevali e il successivo spo-
stamento dell’abitato, non abbiamo più notizie cer-
te del porto no al XV secolo, quando le strutture
vennero in parte riscoperte (Lugli, Filibeck 1935,
30). Le descrizioni e le planimetrie rinascimentali
mostrano le antiche strutture portuali ancora visi-
bili, tra cui anche il faro, che allora era ancora ben
preservato (Testaguzza 1970, 13). Nel pieno Medio-
evo, come accadde per altri siti e monumenti pre-
senti a Roma, anche Portus divenne una cava di
materiale da costruzione, fenomeno questo che ad-
dirittura aumentò durante il Rinascimento, quando
la spoliazione dei monumenti antichi era frequen-
temente concessa dalla Camera Apostolica o diret-
tamente dal Papa.
MetodoLogiA
Il progetto di indagine della Porta di Santa Ma-
ria è stato condotto attraverso un approccio multi-
disciplinare, integrando tecniche archeologiche tra-
dizionali con strumenti moderni di rilievo ed ana-
lisi, al ne di ottenere una comprensione completa
della struttura in relazione al contesto portuale di
Portus.
Le attività di ricerca sul campo sono iniziate
con una ricognizione preliminare, che ha incluso
la pulizia superciale dell’area dalla vegetazione e
dalle sterpaglie, per rendere visibili le strutture mu-
rarie esistenti. Successivamente, si è passati alla fase
di studio e analisi del monumento: ci si è concen-
trati sull’individuazione delle unità stratigrache
murarie, ed ogni partizione archeologica è stata do-
cumentata attraverso la compilazione delle schede
stratigrache murarie, rilievi topograci eettuati
con un teodolite e la sovrapposizione ad esso della
fotogrammetria. Questo approccio metodologico
ha permesso un’accurata mappatura e un’analisi
dettagliata delle diverse fasi di costruzione e dei
tipi di materiali utilizzati nella realizzazione del-
la porta. Entrando nel dettaglio, ad esempio per le
cortine in opera laterizia sono state misurate le di-
mensioni dei moduli e registrate le caratteristiche
del legante utilizzato, che ha dimostrato un’elevata
varietà e il riutilizzo di materiali preesistenti. L’a-
nalisi includeva anche l’osservazione delle dimen-
sioni dei frammenti di laterizi, dello spessore dei
giunti e dell’altezza dei letti di malta, con partico-
lare attenzione alla disposizione dei materiali e alla
qualità della loro conservazione. Come anticipato
in precedenza, la mappatura della porta ha rivelato
quattro fasi costruttive distinte, di cui si tratterà
in maniera più approfondita a breve nelle sezioni
immediatamente successive. Inne, l’analisi della
struttura è stata messa in relazione con altri edici
e restauri comparabili, sia a Portus che in altre città
romane. È stata prestata particolare attenzione alle
analogie presenti tra la Porta di Santa Maria e al-
tre porte monumentali dell’impero, con un focus su
costruzioni simili nel circuito difensivo di Roma.
Gli studi comparativi hanno rivelato anità archi-
tettoniche, tecniche edilizie ed elementi decorativi
ricorrenti, contribuendo a un’interpretazione più
ampia del signicato della Porta nel contesto ar-
cheologico e storico. Questo approccio metodolo-
gico ha permesso di delineare un prolo dettagliato
della Porta di Santa Maria e, di riesso, del sistema
portuale di Portus, sostenendo la comprensione
delle sue evoluzioni nel tempo e la sua importanza
all’interno dell’infrastruttura urbana romana.
iL circuito MurArio di Porto
Il circuito murario della città, per lungo tempo
noto come “Mura Costantiniane”, è stato oggetto
di indagini archeologiche sistematiche a partire da-
gli anni Novanta del Novecento. Le informazioni
ricavate dalle evidenze archeologiche e dalle recen-
ti indagini geosiche hanno contribuito a fornire
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un quadro complessivo piuttosto esaustivo circa il
complesso forticato. Come già anticipato, l’appa-
rato difensivo era organizzato in una duplice for-
ticazione, caratterizzato appunto da un circuito
esterno ed uno interno, noto come “Contromura
Interne” (Paroli et alii 2011, 127), e realizzato su un
tessuto urbano già ampiamente sviluppato, andan-
do a riutilizzare ed inglobare edici o strutture già
esistenti, pratica per altro comune in questo perio-
do in diversi centri dell’impero. La forticazione
mostra similitudini costruttive con i circuiti difen-
sivi di altre città romane, come ad esempio Verona e
Brescia, dove nelle mura sono stati spesso utilizzati
materiali di riuso e tecniche simili (Coccia, Paroli
1993, 188-189). L’analisi della muratura ha rivelato
numerose unità stratigrache che testimoniano le
attività costruttive e i restauri nel corso del tem-
po. I materiali utilizzati variano da laterizi e tufo a
malte pozzolaniche, evidenziando un continuo ri-
corso a risorse locali (Coccia, Paroli 1996, 297-305).
AnALiSi deLLA PortA di SAntA MAriA
Concentrandoci ora sul tema centrale di questo
studio, l’Arco di Santa Maria, essa presenta una
pianta quadrangolare ed è attualmente situata al di
fuori del parco archeologico di Porto, all’interno
della tenuta di proprietà della famiglia Sforza-Ce-
sarini. (Fig. 2)
Come anticipato in precedenza, è ubicata nel
tratto di cinta muraria che collega il circuito ester-
no con le cosiddette “Contromura Interne” (Lugli,
Filibeck 1935, 94), adiacente ad uno dei lati del
bacino esagonale, consentendo l’accesso al settore
sud-orientale della città. Al momento un tratto del-
la porta risulta non ispezionabile (il fronte O del
perimetro occidentale) poiché situato in parte lun-
go la banchina del lago stesso. (Fig.3)
Interessante notare come buona parte del mo-
numento sia stato oggetto n dalla tarda antichità
di diversi interventi di restauro individuati in più
punti: essi si dispongono sulla struttura in maniera
non sempre omogenea e consistono per lo più nella
ricortinatura e nella risarcitura della muratura ove
questa era andata perduta.
Queste ultime osservazioni sono frutto dell’ana-
lisi stratigraca della porta che, come già più volte
ricordato, ha messo in luce quattro fasi principali,
di cui la prima corrispondente al V secolo d.C., in-
dicata come fase 1 e comprendente l’attività princi-
pale, cioè la costruzione della porta stessa.
Dapprima sono state realizzate le strutture por-
tanti in opera laterizia, tra loro parallele ed aventi
lo stesso orientamento (N-S), che vanno a legarsi
con altre murature realizzate sempre in laterizio,
le quali corrispondono ai quattro stipiti dei due in-
gressi del complesso, rispettivamente settentrionale
e meridionale. (Fig. 4).
Procedendo lungo il fronte interno al monu-
mento è presente un pilastro in opera laterizia che
va a dividere questo spazio in due nicchie attigue
(denominate appositamente nicchia 1 e nicchia 2),
coronate da due archi con ghiera di bipedali; nello
spazio triangolare interposto tra essi è presente una
decorazione in laterizio che ragura il motivo della
palmetta nascente. (cfr. Fig. 9).
Con la fase 2 si assiste all’esecuzione di alcuni in-
terventi di restauro (fasi 2A e 2B), riscontrati sulla
struttura esaminata. Si tratta essenzialmente di due
Figura 2. Dettaglio planimetria I. Gismondi, in evidenza
la Porta di Santa Maria (da Lugli Filibeck 1935).
Figura 3. Planimetria generale della Porta di Santa Maria.
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tipologie, ben distinguibili per il tipo di malta uti-
lizzato, che comportano la ricortinatura del muro
tardo antico. In alcuni casi l’intervento fu limitato
alla sola risarcitura dei letti di malta o alla colloca-
zione di elementi posizionati “di piatto” per risar-
cire le lacune nel paramento; in altri punti, invece,
venne messa in opera una vera e propria ricortina-
tura. (Per rimandi generali alle murature di Porto,
con particolare riguardo all’articolato palinsesto
murario della basilica Portuense cfr. Panzieri 2013,
257-288; per le mura tardo antiche ed i restauri cfr.
Paroli, Ricci 2011, 127-146).
La Fase 3 comprende un’unica attività, ossia
la conversione di una delle due nicchie interne in
un’edicola votiva, con l’immagine della Madonna
che dà il nome all’intera struttura, dipinta su di uno
strato d’intonaco che andava a ricoprire la cortina
laterizia di un tratto del muro perimetrale. (cfr. Fig.
12).La Fase 4 (1905-1950), l’ultima, comprende gli
interventi del restauro contemporaneo, che sono
andati a risarcire tutto il paramento e parte della
muratura andati perduti col passare dei secoli, ed a
realizzare un arco di sostegno ribassato, posiziona-
to sotto il fornice originale dell’ingresso settentrio-
nale del monumento. (Fig. 5).
Analizzando nel dettaglio gli elementi che van-
no a comporre l’ossatura portante della porta, quali
muri perimetrali e stipiti, tutti ascrivibili alla fase
1, essa è realizzata quasi interamente in opera late-
rizia disposta su lari orizzontali; i laterizi risul-
tano essere in gran parte di reimpiego, ragion per
cui molto spesso le loro dimensioni non risultano
omogenee e regolari (la loro lunghezza è piuttosto
variabile: dai 7 ai 40 cm, con punte di maggior fre-
quenza attestata attorno ai 23/24 cm; in altezza la
misura maggiormente attestata è di 2,5/3 cm, ra-
ramente raggiunge i 5 cm. Dove il pessimo stato di
conservazione della muratura permette di osservare
la forma del materiale impiegato si può aermare
di trovarsi per lo più in presenza di elementi trian-
golari. I mattoni, hanno tutti una colorazione che
può variare dall’arancione scuro al giallo, cosa che si
ritrova in tutta la struttura portante).
Il legante è una malta di calce e pozzolana, mol-
to tenace, di colore grigio violaceo con inclusi com-
posti da grumi di calce e da grossi frammenti di
pozzolana.
Sia lo spessore dei giunti che l’altezza dei letti di
malta presentano misure pressoché costanti. (Fig.
6). Per quanto concerne gli stipiti posti immedia-
tamente al di sotto del fornice dell’arco originale
dell’ingresso, essi risultano pesantemente restau-
rati, fatto salvo solo un blocco di travertino dalla
forma pressoché rettangolare posto sul fronte occi-
dentale dello stipite orientale. (cfr. Fig. 5).
Figura 4. Diverse vedute della Porta.
Figura 5. Prospetto Fronte settentrionale della Porta vis-
ta da Sud.
Figura 6. Dettaglio muratura con tracce di lisciatura.
(Fase 1).
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Spostandosi sullo stipite nordoccidentale, an-
ch’esso non conserva più le dimensioni ed altezza
originarie.
Il fornice resta completamente preservato so-
lamente sopra l’ingresso settentrionale: esso copre
una luce di circa 3.50 m e si imposta ad un’altezza
di circa 4 m dal piano di calpestio.
Si tratta di un arco a singola ghiera di bipedali,
alcuni dei quali piuttosto rimaneggiati, dal colore
giallo-arancio, visibile solamente dal fronte interno
della porta.
Per quanto riguarda invece l’ingresso meridiona-
le, l’arco risulta conservato solo sullo stipite orien-
tale e formato da una doppia ghiera di 32 bipedali,
posizionati ad una quota di circa 5.50 m dal livello
di calpestio odierno, all’altezza del piano d’imposta
utilizzato come marcapiano per l’arco stesso. (Fig.
7). In questo senso risultano piuttosto evidenti le
dierenze fra i due opposti ingressi, settentrionale
e meridionale, sia per quanto concerne la maggiore
altezza fra il piano di imposta ed il livello attua-
le del suolo del primo rispetto al secondo, sia per
quanto riguarda lo stato di conservazione.
Le dimensioni originarie della struttura, relati-
vamente alla larghezza e allo spessore, sono ravvi-
sabili solo nei pressi del livello di calpestio.
Alla stessa fase costruttiva della porta appartie-
ne il pilastro del muro interno perimetrale occiden-
tale, il quale funge da piedritto per gli archi, che
vanno a costituire la copertura per le nicchie 1 e 2.
(Fig. 8)
Tra gli estradossi dei due archi, come già accen-
nato, si conserva una decorazione realizzata con
laterizi che riproduce il motivo della palmetta na-
scente (Coccia 1993, 186). (Fig. 9).
In questo senso, è interessante notare come la
Porta di Santa Maria non fungesse solo da accesso,
ma rappresentasse anche un simbolo della transi-
zione dalla tarda antichità all’alto medioevo: ad
esempio le decorazioni presenti, come appunto il
motivo della palmetta nascente, non solo hanno
funzione estetica ma anche simbolica, rimandando
a tradizioni decorative romane ed inuenze cristia-
ne (Cozza 1987, 27).
Osservando la struttura è sicuramente da notare
come la presenza dei due archi e del pilastro non sia
speculare ad essa, o quanto meno non se ne ricono-
scono più tracce nella parte opposta.
Resta da chiarire il motivo della mancanza di
simmetria tra il lato ovest e quello est dei perime-
trali.
Nel lato orientale infatti non sono state riscon-
trate tracce del pilastro e delle nicchie: si potrebbe
ipotizzare che il fronte con il pilastro prospiciente
il bacino, sostenesse il cammino di ronda non più
conservato, mentre su quello opposto non vi era Figura 7. Fronte meridionale della Porta, visto da N.
Figura 8. Fronte occidentale della Porta, in evidenza la
Nicchia 1 e 2.
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il camminamento perché essa si collegava diretta-
mente alle Contromura interne.
L’analisi autoptica del monumento ha permesso
di individuare due interventi di restauro altomedie-
vali conservati all’interno della struttura.
L’esame delle malte, i materiali impiegati e la
tessitura del paramento hanno permesso la distin-
zione degli interventi.
È stato ravvisato nella composizione delle malte
un cambiamento: infatti esse non sono più caratte-
rizzate da una componente pozzolanica ma sono
miscelate con sabbie. (Fig. 10).
Gli interventi di restauro della fase 2A sono tut-
ti caratterizzati dall’utilizzo della medesima malta,
di colore grigio chiaro, con una consistenza molto
friabile e dalla poca coesione, con grandi grumi di
calce non disciolta: ad esempio ad Ostia, specicata-
mente nella basilica di Pianabella, questa tipologia
di malta sabbiosa è stata riscontrata a partire dal
tardo VI inizio VII secolo d.C. e contraddistingue
poi le fasi altomedievali (Coccia Paroli 1990, 190).
Da notare la presenza di frammenti di laterizi
disposti di piatto in modo non omogeneo lungo
questa ricortinatura.
In tutte le risarciture a seguire gli elementi della
cortina sono estremamente variabili sia nella tipo-
logia che nelle dimensioni, oltre ovviamente all’al-
lettamento irregolare.
Gli interventi di restauro della fase 2 B come
per quelli già incontrati nella fase 2 A sono tutti
caratterizzati dall’utilizzo della medesima malta,
di colore giallo ocra, sabbiosa, con una consisten-
za molto friabile e dalla poca coesione, con grandi
grumi di calce non disciolta. (Fig. 11).
Gli interventi di questa fase, a dierenza della
precedente avvengono soprattutto nella rifoderatu-
ra di porzioni del paramento antico andato perdu-
to: volendo cercare un rapido confronto tra le due
fasi, esse si dierenziano soprattutto perché nella 2
A si va a tamponare soprattutto i tagli di fori per
l’alloggiamento di qualcosa o fori di asportazione
dalle piccole e medie dimensioni, mentre per quan-
to riguarda la fase 2 B ci si trova nella situazione
opposta, ossia si va spesso a campire gli angoli della
struttura, dove probabilmente era andato perso il
paramento originario.
Tutti gli interventi di restauro nora descritti
sono stati individuati nella porzione occidentale
della Porta.
Dicile, in mancanza di dati desunti da scavo o
altre tipologie di fonti, stabilire con esattezza l’arco
cronologico in cui sono stati realizzati questi re-
stauri.
La tipologia della malta, la tessitura del para-
mento, per altro molto simili a dei restauri indivi-
duati sulle mura di porto porterebbero ad ipotiz-
zare un periodo compreso tra la ne dell’VIII e gli
inizi del IX secolo d.C. (Panzieri 2013, 257-288).
Figura 9. Dettaglio Palmetta Nascente.
Figura 11. Dettaglio del sovrapporsi della fase 2A e fase 2B.Figura 10. Dettaglio del restauro Fase 2A.
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Attribuibile alla fase 3 è uno strato di prepara-
zione per l’intonaco che è presente lungo la parete
centrale e laterali della nicchia 2.
La preparazione ha una consistenza friabile, a
grana nissima e con caratteristiche sabbiose, di
colore grigio chiaro. Quest’ultima, sulla parete cen-
trale, mantiene conservate tracce di pittura, nelle
quali ancora oggi è possibile intravedere la gura di
una Madonna (Fig. 12), visibile in posizione fron-
tale con il velo blu e con la veste d’oro.
Sullo sfondo è riconoscibile la ragurazione del
cielo, mentre a destra restano labili tracce di colo-
re verde forse ascrivibili alla rappresentazione della
vegetazione.
Il dipinto è stato datato al XV secolo, da come
si può evincere anche da un testo dello stesso Gio-
vanni Torlonia.
L’intero monumento quindi, prende il nome di
Porta di Santa Maria almeno a partire dall’epoca
medievale proprio grazie alla presenza di questo
dipinto.
L’ultima fase individuata dallo studio analitico
della struttura è quella del restauro contemporaneo
avvenuto nell’arco cronologico che va dal 1905
possibile usare questa data perché è riferita ad una
foto nel fondo Lanciani che ragura la struttura
prima del restauro invasivo). al 1956 (anno di ac-
quisizione della tenuta dagli sforza Cesarini, i quali
non hanno mai fatto questo tipo d’intervento nella
struttura).
Tale restauro è consistito principalmente nella
risarcitura di laterizi mancanti.
Oltre ad essa, è interessante notare come nella
nicchia 1 si rilevi l’esistenza di una piccola lunetta
ricavata nella porzione superiore della parete dove
è stata inserita una statuetta di una Madonna, ai
cui lati sono inssi due elementi in ferro che ser-
vivano probabilmente per sorreggere delle candele.
(Fig. 13).
Quindi, negli anni recenti, anche la nicchia 1 di-
viene una sorta di secondo ambiente dal carattere
votivo.
Come ultima nota, nelle pareti interne dell’in-
gresso settentrionale, su alcuni mattoni sabbiati
sono state trovate delle incisioni con scritti i nomi
di coloro che lavoravano nella tenuta durante gli
anni ‘50 dello scorso secolo.
AnALogie e conFronti
La Porta di Santa Maria presenta similitudini
con altre porte romane, in particolare per quanto
concerne la planimetria e le tecniche edilizie. In
particolare le analogie che si possono riscontrare
in termini planimetrici, seppur in modo del tutto
approssimativo, riguardano alcuni degli ingres-
si presenti lungo il circuito difensivo di Roma, le
mura Aureliane e, più precisamente, quelli muniti
di controporta ed attribuiti al rifacimento Onoria-
no (Mancini 2001, 29). Si prenderanno in esame in
particolare queste ultime strutture poiché vicine
topogracamente e cronologicamente all’ogget-
to del nostro studio, anche se presentano notevoli
dierenze riguardanti le caratteristiche tecnico-co-
struttive. Premettendo che al momento non ci sono
pervenuti esempi di circuiti murari e di porte ana-
loghi per estensione e imponenza a quelli di Roma,
la prima divergenza che si riscontra è ravvisabile
proprio nelle dimensioni: la nostra porta è molto
più simile per mole agli accessi secondari che non
agli ingressi monumentali che si aprivano lungo le
vie consolari (Quercioli 2005, 117-119).Figura 12. Dettaglio Nicchia 2.
Figura 13. Lunetta con statuina Madonna.
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Un altro possibile tema di confronto è rappre-
sentato sicuramente dal motivo decorativo, posto
fra le due nicchie 1 e 2 all’interno del cortile della
porta, che ragura una palmetta nascente (Rich-
mond 1930; Cozza 1987, 26). Tale tipo di ragura-
zione, o comunque elementi decorativi inseriti nei
paramenti murari, sono stati individuati su alcu-
ni tratti delle stesse mura Aureliane (Cozza 1987,
29), e a Terracina sul doppio circuito difensivo di
V secolo d. C. (Ortolani 1987, 78). Resta tuttora da
vericare l’eettivo signicato di tale decorazione;
per Cozza si potrebbe trattare o di un motivo corre-
labile al tema del trionfo cristiano o, più semplice-
mente, rappresentare un capriccio della maestranza
nella realizzazione della cortina in mattoni (Cozza
1987, 26).
Elementi simili sono inoltre riscontrabili anche
nei più tardi restauri degli acquedotti che erano
stati annessi al circuito difensivo di Roma (Coates
Stephens 2003, 419-423). Il tema dei capricci delle
maestranze è stato arontato anche da Coates Ste-
phens che propone per elementi decorativi presenti
nel restauro della cosiddetta Aqua Alexandrina
una datazione inquadrabile all’inizio del V secolo
d. C. (Fig. 14)
Un’altra importante dierenza che si p no-
tare, riguarda la porzione di arco a doppia ghiera
ancora in parte conservato, che in realtà raggiun-
ge un’altezza maggiore rispetto al fornice intatto;
questo rappresenta un dato particolare, poiché se
si confrontano gli altri ingressi monumentali e le
annesse controporte, risulterà come esse di solito
siano uguali o di poco inferiori all’accesso princi-
pale Per quanto riguarda l’eventuale copertura della
porta invece, possediamo unicamente alcune vedu-
te rinascimentali in cui è rappresentato un tetto a
doppio spiovente. Non si può tuttavia escludere la
presenza di un’eventuale corte scoperta ricompresa
all’interno dei passaggi, come ad esempio ipotizza-
to per alcune controporte presenti a Roma (Manci-
ni 2001, 29).
concLuSioni
Alla luce di quanto sopra riportato è altamente
plausibile riconoscere nella porta di S. Maria uno
degli accessi principali alla città, in quanto in essa
veniva a terminare il percorso della via Portuense,
collegamento diretto tra Roma e il porto. L’analisi
puntuale delle stratigrae murarie ha evidenziato
una seriazione cronologica relativa piuttosto arti-
colata che sulla base di contesti limitro (circuito
murario) può essere scandita in termini di data-
zioni assolute. L’edicazione della struttura viene
ad essere verosimilmente quindi collocata alla ne
del V secolo, in concomitanza con l’allestimento
dell’intero circuito difensivo della città.
Come descritto analiticamente nelle pagine pre-
cedenti la struttura è stata oggetto di una serie ripe-
tuta di interventi di restauro. Tali interventi hanno
previsto l’impiego di materiali alquanto eterogenei
e di riutilizzo.
Anche in questo caso sono stati ancora prese
come riferimento le mura di Porto dove, in nu-
merosi tratti, sono stati riscontrati diversi restauri
realizzati a più riprese durante l’Alto Medioevo: si
tratta di interventi di entità contenuta, come risar-
citure dei letti di malta o ricortinature eseguiti con
malte di tipo sabbioso e consistenza friabile. Per la
datazione di queste attività è stato fatto ricorso a
confronti con strutture datate, che hanno permesso
di collocarli in un periodo inquadrabile tra la ne
dell’VIII e la metà del IX secolo d.C.
I restauri del complesso forticato denotano
comunque la volontà di tenere in funzione almeno
un intero settore della città racchiuso dal circuito,
corrispondente al lato meridionale dell’antico ba-
cino esagonale. A conferma è opportuno ricordare
un passo del Liber Ponticalis relativo agli sforzi
messi in atto da papa Leone IV per provvedere al
restauro delle mura di Porto, unito al tentativo di
ripopolare la città attraverso l’introduzione di una
colonia di Corsi.Figura 14. Capricci ornamentali.
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In conclusione, la struttura della porta resta
fedele nella forma e nella planimetria a quelle che
doveva presentare in origine al momento della sua
costruzione.
Resta al momento ancora non chiaro il sistema
di chiusura utilizzato, non vericabile a causa di
una pesante opera di restauro presente sulla strut-
tura; è probabilmente ipotizzabile, per confronti
cronologici e tipologici, il modello a saracinesca;
questo tipo di chiusura infatti è una delle più fre-
quenti a Roma riscontrabile sui rifacimenti delle
porte realizzati da Onorio nel V secolo.
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